Inquinamento e cambiamenti climatici: quali effetti sulla salute?

“Grande è la confusione sotto il cielo”: è questa massima di Confucio che salta in mente se guardiamo alle differenze nella valutazione della qualità dell’aria secondo le normative attuali in Italia, da un lato, e le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), dall’altro, a protezione della nostra salute.
Secondo il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, nel 2022 ben il 99,6% dei punti di misura della qualità dell’aria rispettava i limiti del particolato 01 (Pm10) e il 98,7% rispettava quelli del particolato fine (Pm2,5), con poche eccezioni. Peccato che quelle “poche eccezioni” comprendano le aree più densamente popolate del Paese, come il bacino padano e gli agglomerati di Roma e Napoli-Caserta, giusto per fare un esempio.

I dati positivi diffusi dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente valgono anche per gli altri principali inquinanti, come il biossido di zolfo, il biossido di azoto e gli altri cosiddetti composti organici volatili.

Ben diversa, invece, è la situazione se facciamo riferimento a quelli che secondo l’Oms dovrebbero essere i valori che garantiscono la salubrità dell’aria che respiriamo ogni giorno, ora per ora, minuto per minuto. Nel 2020, infatti, il 96% della popolazione urbana è stata esposta, per esempio, a concentrazioni di Pm2,5 superiori alle linee guida annuali dell’Oms per il 2021, ossia di 5 µg (microgrammi) per metro cubo.

Come la qualità dell’aria incide sulla salute?

Secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) ciò equivale a dire che in Europa, nel 2020, ci sono state almeno 238.000 morti premature a causa dell’inquinamento da particolato, mentre sono 49.000 i decessi prematuri dovuti all’inquinamento da biossido di azoto e 24.000 quelli dovuti all’esposizione all’ozono, altro preoccupante inquinante, di cui, peraltro, troppo spesso ci si dimentica. Un’esposizione cronica all’ozono -che ha una azione infiammatoria sulle vie aeree (ma anche sugli occhi)- comporta, infatti, cambiamenti significativi a livello dei bronchioli (le piccole diramazioni terminali dei bronchi all’interno dei polmoni, attraverso le cui pareti avvengono gli scambi gassosi con il sangue), e in Europa, sempre nel 2020, ha portato a circa 14.000 ricoveri ospedalieri.

Come afferma la Società italiana di medicina ambientale (Sima), per ogni incremento di 10 microgrammi su metro cubo delle concentrazioni medie annuali di polveri sottili si osserva un aumento della mortalità generale per tutte le cause pari al 7%. In particolare, aumenta del 10% la mortalità per malattie cardiovascolari o cause respiratorie, mentre l’incidenza di infarti sale del 26%. Appena più modesto (+7%) è l’aumento di mortalità legato a ogni incremento di 10 microgrammi per metro cubo di biossido d’azoto (NO2).

Quali sono i costi sanitari dell’inquinamento atmosferico?

L’inquinamento atmosferico incide pesantemente, oltre che sulla durata della vita, sulla sua qualità: sempre secondo l’Aea, alla sola esposizione a Pm2,5 possono essere imputati ben 175.702 anni vissuti con disabilità da broncopneumopatia cronica ostruttiva in 30 Paesi europei. Ma di fatto questa è la punta dell’iceberg: l’aumento delle polveri sottili è dimostrato essere anche un fattore che aumenta il rischio di sviluppare, per esempio, demenze e disturbi dello sviluppo neurologico, come indicato in uno studio pubblicato sull’International journal of environmental research and public health.

Volendo “monetizzare” i costi sociali dell’inquinamento atmosferico, un rapporto dell’European public health Alliance (Epha) condotto su 432 città europee in 30 Paesi li ha quantificati in oltre 166 miliardi di euro: in media ogni abitante di una città europea ha subito una perdita di benessere quantificabile in oltre 1.250 euro all’anno a causa di perdite dirette e indirette sulla salute associate alla cattiva qualità dell’aria.

Chi sono i soggetti più vulnerabili all’inquinamento dell’aria?

Va comunque sottolineato che la parte della popolazione maggiormente suscettibile agli effetti legati all’esposizione ad inquinanti atmosferici è quella dei bambini, a causa di una combinazione di fattori biologici, comportamentali e ambientali, che secondo gli esperti,li rendono più vulnerabili.

In primo luogo i bambini, data la loro statura, sono maggiormente esposti agli inquinanti peggiori -specie il particolato- che tendono a ristagnare proprio in basso. Inoltre questa elevata vulnerabilità è soprattutto legata a due fattori: nei primi anni di vita diversi loro organi, a partire dai polmoni e dal sistema nervoso centrale, sono ancora in fase di maturazione. I bambini, passano molto tempo all’aperto, giocando e facendo attività fisica, rischiando, così una maggiore esposizione agli inquinanti. Ciò non significa che si debba limitare la loro attività fisica, indispensabile per una buona crescita, ma soltanto che per certi movimenti che comportano un forte impegno respiratorio -come la corsa o l’andare in bicicletta- sarebbe bene scegliere posti più adatti, per esempio un parco, un’area ben alberata e, comunque sia, il più possibile lontana da arterie stradali fortemente trafficate. Lo stesso vale, ovviamente, per le donne incinte, dato che quanto respira la madre si ripercuote sul feto che porta in grembo.

Qualche buona notizia

Concludiamo, però, con una nota positiva: secondo l’European environment Agency, tra il 2005 e il 2020 il numero di decessi prematuri da esposizione a Pm2,5 in Europa è calato del 45%.

E se questa tendenza sarà confermata anche in futuro, secondo le stime dell’Unione Europea dovrebbe essere raggiunto l’obiettivo di una riduzione dei decessi prematuri del 55% entro il 2030, in vista di ulteriori significative riduzioni entro il 2050, a cui potrebbero concorrere in modo importante le misure adottate per il passaggio a una transizione energetica verso l’elettrico.


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    Il particolato, secondo la definizione dell’European Environment Agency, “è costituito da un insieme di sostanze solide e gocce liquide; in parte viene emesso direttamente e per il resto si forma quando gli inquinanti emessi da varie fonti reagiscono nell’atmosfera”. Il particolato ha diverse dimensioni; quello con dimensioni inferiori a 10 micrometri è in grado di entrare nei nostri polmoni e causare gravi problemi di salute, come malattie cardiache o polmonari. Secondo l’Oms, l’esposizione più dannosa al particolato è l’esposizione a lungo termine alle particelle fini, cioè al Pm2,5.

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