Caregiver: non siete soli

Prendersi cura di un familiare malato che ha bisogno di assistenza può essere molto complicato: diventare caregiver è, infatti, un’esperienza complessa, che richiede consapevolezza, disponibilità, impegno, formazione e grandi risorse fisiche ed emotive. Quando vissuto in totale solitudine, questo ruolo può comportare rischi per la salute del caregiver stesso, che potrebbe sentirsi schiacciato dal peso della sua responsabilità ed esausto fisicamente ed emotivamente. Viceversa, preservare la salute del caregiver ha un grande valore: significa garantire anche il benessere della persona che è chiamato ad assistere, perché soltanto quando si è in salute ci si può occupare al meglio delle persone che si amano e che hanno bisogno del nostro aiuto.

La rete di supporto è ampia

Molti caregiver pensano di essere soli nel loro ruolo assistenziale, ma non è così: nel nostro Paese c’è un’ampia rete di aiuto e supporto, che coinvolge medici, farmacisti, operatori sanitari e associazioni che hanno a cuore l’equilibrio psicofisico del caregiver. Le associazioni, in particolare, svolgono un ruolo importante: sono gruppi di supporto per il caregiver che lo aiutano con servizi di assistenza, formazione e sostegno psicologico.

Carer, per esempio, è un’associazione costituita nel 2013 per offrire supporto al caregiver familiare: il suo scopo è dare voce ai caregiver, rappresentandone i bisogni, promuovendone e tutelandone il ruolo, i diritti, la dignità e il benessere e perseguendo la qualità delle cure verso la persona che necessita di assistenza. Della loro attività ci parla Loredana Ligabue, segretaria e consigliere dell’associazione: «Carer raggruppa singoli caregiver e organizzazioni che sostengono attività di caregiver: associazioni di familiari di malati di diverse patologie (demenze, Parkinson, ictus…) e “Anziani non solo”, cooperativa sociale dalla quale è partito tutto il percorso per accendere i riflettori sull’attività del caregiver. Molto abbiamo fatto in questo decennio per il riconoscimento del ruolo del caregiver -a partire dall’approvazione di leggi regionali, in primis quella dell’Emilia-Romagna-, ma molto c’è ancora da fare in termini di tutela dei diritti di chi svolge attività di cura a favore di un proprio caro. L’attenzione verso questa figura fondamentale di assistenza è cresciuta negli ultimi anni, ma serve più supporto da parte delle istituzioni e della società».

Quali sono i bisogni del caregiver?

Ma quali sono i bisogni di chi si occupa di un familiare ammalato? «Innanzitutto il caregiver familiare spesso non ha consapevolezza di esserlo» ci spiega la dottoressa Ligabue. «Si ritrova in questa condizione e presta assistenza, talvolta lungo tutto l’arco della giornata e per anni, ma in una dimensione privata e familiare, senza tutela di diritti né riconoscimento. Ha, poi, bisogno di informazioni sulla malattia che ha colpito la persona che ama e di cui si deve occupare, e di conoscere i servizi sanitari e sociali a disposizione sul territorio, per esempio le associazioni di supporto o di volontariato a cui può rivolgersi. Serve un aiuto all’orientamento e anche formazione perché fare il caregiver è tutt’altro che facile. Infine, è indispensabile un supporto psicologico, perché mantenere un equilibrio fisico e mentale è fondamentale per chi si trova ad affrontare una situazione di questo tipo».

C’è, poi, il tema del “sollievo”: «Il caregiver a tempo pieno deve “poter respirare” rispetto a una priorità di assistenza e di presenza costante nel corso di una giornata, lungo i mesi e lo scorrere di anni» spiega Loredana Ligabue. «Il livello di stress fisico e psicologico è altissimo, anche perché c’è il tema dell’affetto e della tensione emotiva che li lega alla persona che assistono, e che ha risvolti importanti in termini di fatica e sofferenza». La priorità diventa, allora, non ammalarsi a propria volta, avere momenti per curare la propria salute -di cui spesso ci si dimentica-, recuperare energie nel corpo e nella mente, trovando spazi per sé e con la famiglia o con gli amici. «Il sollievo passa da un’assistenza sostitutiva anche per brevi periodi, ma che possa aiutare a soddisfare bisogni personali fondamentali, come le relazioni. E poi c’è il grande tema del lavoro: spesso chi si trova a essere caregiver fatica a mantenerlo oppure a trovarlo una volta concluso il periodo di assistenza. C’è ancora molto da fare, insomma» conclude la dottoressa Ligabue. 

I gruppi di auto mutuo soccorso, una risorsa preziosa

In quest’ottica possono essere di supporto le associazioni come Amalo, Associazione di volontari e professionisti che sostiene l’“auto mutuo aiuto”, cioè l’insieme di tutte le misure adottate da figure professioniste - e non- per promuovere, mantenere oppure recuperare la salute, intesa come benessere fisico, psicologico e sociale di una comunità. Amalo nasce nel 1998 per volontà di operatori sociali e organizzazioni che operavano nell’ambito della salute mentale.

L’associazione promuove la cultura del “self help” tra i cittadini. Ha l’obiettivo di creare una rete sociale sul territorio e lo persegue attraverso la mappatura e il monitoraggio dei gruppi che operano anche in sostegno dei caregiver. «Sono in crescita» ci dice Viola Lotti, socia e membro del Consiglio direttivo di Amalo «a dimostrazione di una situazione che non può più essere trascurata. Il tema centrale che prima o poi investe ogni caregiver è la solitudine ed è su questo che lavoriamo per essere d’aiuto in maniera molto pratica. I gruppi di auto mutuo aiuto permettono di confrontarsi con chi è nella tua stessa situazione, di attingere alle esperienze di chi presta assistenza a un familiare malato e fanno sentire il caregiver meno solo».

Amalo monitora tutte le tipologie di gruppi di self help presenti sul territorio e aiuta chi vuole fondarne uno sia nella fase progettuale, sia in quella operativa. «Nell’ultimo periodo sono nati anche numerosi gruppi online, ma anche riunioni in presenza ovunque sul territorio per affrontare la quotidianità e le difficoltà di chi condivide la stessa esperienza. Aiutiamo il caregiver nell’orientamento e nell’individuare il gruppo più vicino a lui -sia fisicamente, sia come affinità di bisogno-, ma anche assistendo chi voglia fondare un nuovo gruppo di auto mutuo aiuto, fornendogli informazione e formazione».

Amalo offre online una selezione di gruppi di self help accreditati che si dedicano, in tutta Italia, all’assistenza all’attività del caregiver di anziani, malati cronici oppure con patologie degenerative (come Alzheimer o demenze) o fisiche.

La guida per il caregiver

Caregiver non si nasce, ma lo si può diventare in maniera consapevole facendosi aiutare dai professionisti del settore, dalle associazioni sul territorio e anche da alcuni utili strumenti, come “Il manuale del caregiver - Consigli pratici per aiutarti nell’assistenza a una persona cara”, scaricabile gratuitamente on line sul sito di Teva Italia.

È un’agile guida per caregiver con informazioni pratiche, come il glossario dei termini medici e sanitari più comuni, che è bene conoscere quando si assiste un malato, e consigli per un dialogo efficace con il medico e il farmacista. Contiene anche indicazioni su come crearsi una rete di sostegno e i riferimenti di associazioni che possono essere di aiuto.

In conclusione

Il compito del caregiver non è affatto semplice e spesso ci si può sentire soli, stanchi e spaesati nell’accudimento di un proprio caro bisognoso di continua assistenza. In Italia c’è tutta una rete di sostegno all’attività di chi è chiamato a occuparsi di un familiare malato: se sei un caregiver, non devi sentirti solo e abbandonato a te stesso!

Carer e Amalo, per esempio, sono due gruppi di supporto che possono venirti in aiuto sia nella tua attività quotidiana di assistenza, sia fornendoti una guida, servizi di assistenza domiciliare, formazione e supporto psicologico. Perché soltanto se stai bene tu, sarai in grado di occuparti al meglio di chi ha bisogno di te.

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