Cassandra e il teatro come strumento di sensibilizzazione

Sono Cassandra, ex stagista e ora Internal Communication Jr. Specialist in Teva Italia. Francese di nascita, marsigliese per la precisione, mi sono trasferita all’età di 12 anni senza conoscere la lingua. Ora pare che nemmeno si senta l’accento francese quando parlo, probabilmente grazie a una delle mie più grandi passioni: il teatro. Grazie corsi di dizione!

Da dove nasce la tua passione per il teatro?

È una passione che ho scoperto per la prima volta il mio ultimo anno a Marsiglia. Lì il sistema scolastico è un po’ diverso e alcuni pomeriggi vengono dedicati ad attività extracurricolari gratuite, ad esempio laboratori artistici, sport e, appunto, il club di teatro. Per lo spettacolo annuale, ragazzi e ragazze senza alcuna preparazione teatrale, sottoscritta compresa, hanno dovuto scegliere uno dei personaggi dell’opera e studiarsi una parte di copione per il provino. Inutile dire che, elettrizzata com’ero, avevo deciso di mettermi in gioco e di preparare un pezzo della protagonista, parte andata poi a una ragazza dell’ultimo anno.
Mi piace pensare che ogni cosa accada per un motivo e che quel giorno sia stato il personaggio a
scegliermi. Finii per interpretare la parte di un uomo, un re pazzo estremamente buffo da vedere e interpretare e ricorderò sempre le risate suscitate nel pubblico la sera del saggio. Il teatro mi aveva conquistata: l’agitazione dietro le quinte, gli sguardi di comprensione e di supporto scambiati con i compagni di scena. Il primo passo sul palco e tutta l’ansia che scivola via per lasciarti carica di energia..sono sensazioni forti che provo spettacolo dopo spettacolo, da anni.

Fare teatro ti ha aiutato nel tuo ruolo in azienda?

Mi ha aiutata e mi aiuta ancora, è un’evoluzione continua. Prepararsi per un ruolo richiede molto impegno e studio. È possibile applicare al lavoro alcune competenze allenate in quel campo, ad esempio la capacità di analisi, l’ascolto attivo, il saper accogliere feedback in maniera costruttiva, imparare osservando il lavoro di altri e dai propri errori, lavorare in gruppo, problem solving, la presenza scenica applicata al public speaking... la lista potrebbe andare avanti ancora.
Nel lavoro, come a teatro, c’è sempre da imparare e migliorare.

Consiglieresti il teatro a un collega? Quale valore ci vedi?

Assolutamente sì! Tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero provare. I pregi sono tanti, ma l’aspetto più importante per me è che anche a teatro, come nel quotidiano, le persone sono al centro. L’attore o l’attrice ha il compito di rappresentare il vero, la realtà nella maniera più autentica possibile. Penso quindi che il teatro abbia un duplice valore, personale e sociale:

  • personale perché permette la scoperta di sé, cosa difficile anche in questo “luogo sicuro”, libero dal giudizio;
  • sociale perché permette di affrontare tematiche importanti, anche ad alto impatto emotivo e di parlare direttamente alle persone.

A titolo di esempio, la compagnia amatoriale di cui faccio parte porta in scena da due anni uno spettacolo sui disturbi ossessivo-compulsivi delle persone. Lo facciamo da due anni perché il pubblico continua a mostrare grande interesse per l’argomento. La domanda che ci poniamo è: esistono persone “normali” o la normalità, in fondo, non esiste?

Ce lo siamo chiesti tutti almeno una volta e vedere rappresentati alcuni comportamenti strani, buffi, sgraziati o “normali” ci permette di capire qualcosa su di noi e magari anche sugli altri, sui parenti, amici, conoscenti che fanno parte delle nostre vite. È bellissimo sentire il pubblico che discute a fine spettacolo per “attribuire” a sé stessi e ai propri fratelli, sorelle, zii, genitori, colleghi, compagni uno o più disturbi rappresentati. Lo spettacolo diventa così strumento di conoscenza e comprensione della realtà.

Un progetto importante che tratta un tema di forte attualità. Secondo te esistono dei collegamenti tra teatro e il benessere mentale?

Ci sono sicuramente collegamenti. Il teatro, così come la musica e l’arte in generale, viene spesso utilizzato come strumento per affrontare cambiamenti, momenti di difficoltà, ma anche semplicemente per “sfogarsi”.

In quel momento non sei sola/o, hai una rete di persone pronte a sostenerti e puoi lasciarti andare.