Un’intervista a Giuliano Lombardi, Digital Lead in Teva Italia e promotore di uno sport che unisce.
In un mondo dove lo sport è spesso sinonimo di performance, competizione e fisicità, esiste una realtà che ribalta completamente questi paradigmi. Ce lo racconta Giuliano, 50 anni, papà, marito, appassionato di falegnameria, musica e da qualche anno anche di uno sport che ha cambiato la sua vita.
Lavora in Teva da 15 anni, dove ha ricoperto diversi ruoli – dal Marketing al Customer Service, fino all’attuale posizione di Digital Lead – ma è fuori dall’ufficio, in palestra, che Giuliano ha trovato una nuova missione: l’inclusione attraverso lo sport. Non uno sport qualunque ma una disciplina che parla di inclusione, comunità e cambiamento: il Baskin, ovvero basket inclusivo.
«Il nome deriva da “basket inclusivo”. È uno sport ispirato al basket, ma pensato per includere davvero tutti: uomini e donne, persone con e senza disabilità, giovani e meno giovani. Nella mia squadra, ad esempio, gioca anche una signora di oltre 70 anni!»
«Il Baskin rompe gli schemi tradizionali dello sport competitivo. È un manifesto vivente di inclusione, equità e diversità. Ogni giocatore ha un ruolo ben definito, indipendentemente dalle sue abilità fisiche, pensato per valorizzare le sue capacità. Non si tratta di adattare il gioco a chi ha una disabilità, ma di costruire il gioco attorno a tutti.
Infatti, in campo è obbligatoria la presenza di uomini, donne, persone abili e persone con disabilità. Senza questa rosa variegata non si può giocare! Le squadre sono quindi miste per età, genere, abilità. È uno sport che non fa discriminazione alcuna. Questo rende ogni partita un esempio concreto di convivenza e collaborazione tra differenze.
Il Baskin non chiede a tutti di fare le stesse cose, ma di contribuire in modo equo. È una forma di giustizia sportiva che supera il concetto di “prestazione” pura.
E poi c’è il “terzo tempo”: un momento in cui la squadra ospitante offre da mangiare a tutti - giocatori, famiglie, pubblico. È un’occasione di comunione vera, che va oltre la vittoria o la sconfitta.»
«Durante gli allenamenti, assisto i ragazzi con disabilità, aiutandoli a giocare e a trovare il loro spazio in campo. È un’esperienza che arricchisce profondamente, sia loro che me. Poi sono anche un discreto giocatore 😊»
«La voglia di stare insieme. C’è uno spirito di squadra e di comunità che non ho mai trovato in altri contesti. Il Baskin ti insegna che la diversità è una risorsa, non un ostacolo.»
«Mi ha insegnato il valore della leadership inclusiva, quella che guida con l’esempio e ispira. Nel Baskin si trovano sempre i punti di forza delle persone, si guarda avanti, si cresce insieme.»
«La sfida più grande della nostra epoca è costruire una comunità che includa, che valorizzi ogni persona per ciò che è. Un contesto che contrasti la solitudine e l’isolamento sociale che non conosce ceto, estrazione sociale, etnia, età... può colpire chiunque. Sta a noi creare e promuovere una rivoluzione culturale partendo da attività del nostro quotidiano - lo sport ne è un esempio – e da contesti semplici come quello di un campo da gioco. In particolare, nel nostro caso, il campo da gioco è un luogo dove le differenze diventano punti di forza, dove la vittoria è condividere, e dove ogni canestro è un passo verso una società più giusta.
Il Baskin è un esempio concreto di come questo sia possibile. E io sono orgoglioso di farne parte.»
Il Baskin non è solo uno sport. È una sfida culturale, un’opportunità di crescita e un esempio concreto di come l’inclusione possa diventare realtà. E grazie a persone come Giuliano, il cambiamento è già in campo.