Ho avuto difficoltà a gestire l’ansia e l’amor proprio fino a quando non ho imparato che se mi sforzo di essere gentile con me stessa arrivo davvero a stare meglio e a diminuire la mia ansia. Ecco come ho messo a tacere la mia eccessiva voce autocritica.
***
Nell’ottobre 2020, il tema della Settimana della consapevolezza sulla salute mentale è stato la “gentilezza”. Per me essere gentile con me stessa è stato sempre difficile. Essere gentili con sé stessi significa essere comprensiva, generosa e premurosa con sé stessi. Riesco a essere tutte queste cose per gli altri, soprattutto per la famiglia e gli amici. Non è un problema. Ma verso di me…Non ci riesco proprio.
Convivere con l’ansia sociale per oltre dieci anni significa aver perfezionato l’arte dell’autopunizione, sia fisica che mentale. Mi sottopongo a un’autocritica infinita, lavorando fino allo sfinimento, bacchettandomi le dita quando commetto un errore.
Nel 2019, quando stavo scrivendo il mio secondo libro, ho lasciato che le cose andassero troppo oltre e ho trascurato anche i miei bisogni più elementari, come il cibo e il riposo. L’idea di essere comprensiva e buona con me stessa non mi è mai venuta in mente. Invece, mi sono sminuita per il fatto di essere “debole”. “Un’altra persona ci sarebbe riuscita: sei patetica”, pensavo. Mi sono spinta a lavorare più duramente che mai e per più ore.
Questo approccio non è raro, soprattutto sul posto di lavoro. Come dice magnificamente la giornalista Sarah Wilson: “Il comportamento ansioso viene premiato nella nostra cultura. Essere teso, agitato, frenetico e super-impegnato ha un valore aggiunto”.
Quando chiedo a qualcuno: “Come stai?”, anche se questa persona si sta rilassando immersa nella natura e sta sorseggiando una birra al tramonto, la sua risposta è sempre: “Guarda, impegnatissimo, con l’acqua alla gola, mai stato così preso”. E di questi tempi si va fieri di essere sempre impegnati.
Ciò significa che molti di noi negano di avere un problema e continuano ad andare avanti. In effetti, più siamo ansiosi, più ci convinciamo di non avere un problema. È ironico, paradossale. E sembra terribilmente crudele.
“Non mi stupirei se prima o poi mi esplodesse la testa!”. Ero solita scherzare. Poi, nel settembre dello stesso anno, è successo. Ho avuto un esaurimento nervoso e sono finita in pronto soccorso un venerdì sera tardi. Durante la mia convalescenza, finalmente ho capito. Non potevo continuare a trattarmi così se volevo rimanere in salute. Avevo bisogno di intraprendere dei cambiamenti. Eppure, non avevo idea di dove cominciare a “essere gentile e comprensiva verso me stessa”.
Mi preparo un bagno e accendo delle candele? Ok, ma cos’altro?
Ancora oggi, non posso fare a meno di sentirmi irritata quando mi imbatto in gif e post sui social media che mi incoraggiano a “essere gentile” con me stessa. Spesso sono scritte in colori pastello, con una spiaggia sullo sfondo. Non sono irritata perché non apprezzo il messaggio, ma perché mi lascia perplessa. È come se il mondo desse per scontato che la gentilezza verso sé stessi e l’amor proprio venissero naturali a tutti, mentre per me è vero l’esatto contrario.
Alla fine l’ho spuntata fingendo, almeno all’inizio. I risultati sono stati sempre gli stessi. L’istinto di essere gentile con me stessa mi manca, ma posso fare finta di averlo e sforzarmi. È un po’ come prendersi cura di un bambino che non ci sta molto simpatico...o qualcosa di simile.
L’autocritica rivestirà sempre un ruolo predominante inizialmente, soprattutto quando siamo stanchi. Tuttavia, possiamo iniziare ad essere gentili in maniera graduale. Nel suo libro “The Kindness Method” (Il metodo della gentilezza) la guru Shahroo Izadi fa riferimento all’“analogia del divano”.
L’autrice incoraggia i lettori a immaginare il proprio critico interiore come una persona che occupa troppo spazio sul divano e che ci urla offese. Introduce poi un secondo personaggio, che parla in modo sommesso e che tarda un po’ a mettersi a proprio agio. Questo personaggio è la gentilezza.
Alla fine, la gentilezza si sistema sul braccio dello stesso divano e contesta delicatamente ciò che il critico sta dicendo.
Ad esempio:
Critico: Sei proprio un idiota!
Gentilezza: Capisco quello che dici, ma non sono d’accordo. Guarda tutto quello che è riuscito a ottenere. Penso che sia molto intelligente.
La scrittrice aggiunge: “Inizialmente il critico avrà la meglio, perché la gentilezza non è abituata a essere presente, ma lentamente, man mano che la conversazione prosegue, la gentilezza inizierà a superare le barriere mentali che abbiamo. L’idea è quella di costruire una nuova abitudine, piuttosto che sostituirne una cattiva” (Izadi, 2018, p.54).
Ci vuole un po’ di pratica e all’inizio sembra strano, ma aiuta. Le emozioni negative si sciolgono molto più velocemente quando uso questa tecnica.
Ancor meglio, pensa a ciò di cui ha bisogno un bambino. Per esempio, ha bisogno di cibo, acqua, sonno, pulizia, affetto, esercizio fisico e interazione sociale. Poi contrassegna letteralmente ogni elemento man mano che lo porti a termine, giorno dopo giorno.
Considerare me stessa come un’assistente per la versione ansiosa di me mi tiene in equilibrio. Del buon cibo, ad esempio, non è un lusso, ma una necessità. L’affetto, come le coccole, mi rilasciano la necessaria dose di ossitocina!
Tutti abbiamo qualcosa che ci conforta. Per me, ad esempio, si tratta del sonno. Al diavolo l’atteggiamento mentale, voglio il mio letto. Il riposo mi aiuta e mi guarisce meglio di qualsiasi altra cosa. A volte non ho nemmeno bisogno di dormire, mi piace stare a letto a leggere o a bere il tè.
Purtroppo, stare a letto è spesso associato alla “pigrizia” e, in alcuni casi, può essere vero. Tuttavia, come donna adulta, so cosa mi piace e cosa mi tranquillizza. Non voglio correre per 10 chilometri, voglio guardare Netflix a letto. Quindi, è quello che faccio una volta alla settimana.
Sento ancora il senso di colpa, ma, come con le critiche, lascio perdere. Poi mi fermo... e sai cosa? Ci si sente una favola. Fingere di essere gentile con me stessa, piuttosto che aspettarmi di esserlo davvero, è stato un buon inizio. Mi ha aiutato a creare abitudini nuove e sane. Non posso impedire al mio cervello di essere critico, ma posso abbassare il volume della sua negatività con un po’ di cura e amor proprio.