Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, il modo in cui parliamo può contribuire, involontariamente, a rafforzare lo stigma sui disturbi legati alla salute mentale. Nell’articolo di oggi, Bryce Evans analizza 5 espressioni di uso quotidiano che possono influenzare negativamente la percezione, da parte della società, delle persone che ne soffrono. Promuovendo un linguaggio più rispettoso e suggerendo alternative non stigmatizzanti, Bryce vuole contribuire a cambiare la percezione collettiva e aumentare la consapevolezza.
Prova a pensarci: quante volte hai visto un uomo con un disturbo psichiatrico interpretare il protagonista in una commedia romantica? Probabilmente quasi mai.
Al contrario, nei film e nelle serie TV i disturbi legati alla salute mentale vengono spesso associati alla violenza, al crimine o a comportamenti estremi. I disturbi legati alla salute mentale vengono rappresentati in modo distorto, usati per far ridere o spaventare. E queste rappresentazioni influenzano il modo in cui percepiamo la realtà: ci insegnano ad avere paura o a prendere in giro chi soffre davvero.
Il linguaggio stigmatizzante è talmente radicato nella nostra cultura che spesso non ce ne accorgiamo nemmeno. Eppure, parole come “pazzo”, “matto” o “psicopatico” sono espressioni che sentiamo ogni giorno, magari dette con leggerezza, ma che contribuiscono a rafforzare pregiudizi e paure. E questo può avere conseguenze serie: diversi studi dimostrano che lo stigma può spingere le persone a non chiedere aiuto, per paura di essere giudicate.
Essere più consapevoli del modo in cui parliamo è un primo passo per cambiare le cose. Possiamo contribuire a creare una cultura più rispettosa, più informata e libera dall’imbarazzo per chi soffre di disturbi legati alla salute mentale.
Ecco allora 5 espressioni che, anche se usate senza cattive intenzioni, alimentano lo stigma su disturbi e malattie mentali — e alcune alternative più rispettose che possiamo usare al loro posto.
Perché è un’espressione problematica:
Questa frase viene spesso usata per descrivere cambiamenti d’umore improvvisi o comportamenti contraddittori, come passare dal sentirsi felice all’essere triste in poco tempo. Tuttavia, il disturbo bipolare è una condizione psichiatrica seria, che comporta episodi di depressione e mania, spesso molto debilitanti.
Usare il termine “bipolare” in modo improprio banalizza la complessità della malattia e rafforza l’idea che chi ne soffre sia instabile, imprevedibile o addirittura ridicolo.
Questo uso improprio del linguaggio contribuisce a creare confusione e a ridurre l’empatia verso chi vive davvero con questa diagnosi.
Alternative più consapevoli:
• «Oggi ho vissuto un’altalena di emozioni»
• «Mi sento molto instabile emotivamente»
• «Sto passando da un’emozione all’altra, è faticoso».
Perché è un’espressione problematica:
Questa frase viene spesso usata per ridicolizzare qualcuno che si comporta in modo eccentrico, impulsivo o semplicemente diverso. Ma dire che qualcuno “ha bisogno di uno psichiatra” come insulto implica che rivolgersi a un professionista della salute mentale sia qualcosa di cui vergognarsi.
In questo modo si rafforza l’idea che la terapia o la psichiatria siano riservate a persone “strane” o “fuori di testa”, alimentando la paura del giudizio e scoraggiando la ricerca di supporto.
Alternative più consapevoli:
• «Ha un comportamento davvero insolito»
• «Mi ha spiazzato con quella reazione»
• (Oppure evitare del tutto il commento ironico).
Perché è un’espressione problematica:
Capita a tutti di vivere giornate difficili o momenti di forte frustrazione, e spesso ne parliamo con amici o familiari. Tuttavia, frasi come «Voglio morire» vengono usate in modo esagerato, quasi come battute, per esprimere delusione, stanchezza o stress.
Anche se dette senza cattive intenzioni, queste espressioni banalizzano un tema estremamente serio come il suicidio. In questo modo si rafforza l’idea — sbagliata — che chi parla di suicidio lo faccia solo per attirare l’attenzione o per esagerare, ignorando la sofferenza reale che molte persone vivono ogni giorno.
Scherzare su questi temi contribuisce a diffondere l’idea che il suicidio non sia qualcosa da prendere sul serio, ma solo un modo per fare scena.
Alternative più consapevoli:
Tutti possiamo sentirci arrabbiati, stanchi o sopraffatti. Ma è molto più utile — e rispettoso — esprimere chiaramente ciò che proviamo, senza ricorrere a esagerazioni che possono ferire o confondere.
• «Sono davvero frustrato/a da tutta questa burocrazia»
• «Questo momento della mia vita mi sta mettendo a dura prova»
• «In questo periodo il lavoro mi sta stressando molto»
• «Sono caduto davanti a tutti — che imbarazzo!».
Perché sono espressioni problematiche:
Termini come «psicopatico» o «fuori di testa» vengono spesso usati per descrivere comportamenti considerati strani, eccessivi o socialmente inaccettabili. Ma queste parole, oltre a essere offensive, trasmettono l’idea che chi ha un disturbo mentale sia pericoloso, imprevedibile o da evitare.
In più, molte di queste espressioni, come «pazzo», «matto», «idiota», in passato venivano usate in ambito medico. Col tempo sono diventate insulti, perdendo ogni valore clinico ma mantenendo un forte carico stigmatizzante.
Inoltre, definire qualcuno «schizofrenico» se ha degli atteggiamenti nervosi o isterici manca di empatia nei confronti delle persone che davvero soffrono di schizofrenia, un disturbo mentale grave e cronico che compromette fortemente la salute e la vita sociale e professionale di chi ne soffre.
Anche se oggi qualcuno potrebbe dire che “sono solo modi di dire”, continuare a usarli contribuisce a rafforzare pregiudizi e paure infondate.
Alternative più rispettose:
Possiamo comunicare in modo più chiaro e rispettoso evitando esagerazioni inutili. Ecco alcuni esempi:
• Il mio padrone di casa raddoppia l’affitto: è fuori di testa è proprio avido!
• Quella persona è schizofrenica un po’ isterica.
• Superare i limiti di velocità è una follia un comportamento irresponsabile.
• Il tuo capo è impazzito molto arrabbiato o stressato.
Perché sono espressioni problematiche:
Quando definiamo una persona come «schizofrenico» o «depresso» quando soffre realmente di una di queste patologie, riduciamo la sua identità alla malattia che vive. È come se quella condizione fosse tutto ciò che la definisce. Questo tipo di linguaggio rafforza lo stigma, sia nella percezione degli altri, sia nella percezione che la persona ha di se stessa.
Etichettare qualcuno in base alla sua diagnosi può farlo sentire isolato, giudicato o “diverso”, e può ostacolare il percorso di accettazione e cura. È molto meglio utilizzare espressioni che mettano al centro la persona, riconoscendo la complessità dell’individuo e della sua patologia.
Alternative più rispettose:
• «Una persona con schizofrenia»
• «Convive con la depressione»
• «È in cura per schizofrenia o depressione».
Perché è un’espressione problematica:
Un po’ come accade con frasi tipo «Vorrei morire», anche «Sono così depresso/a» viene spesso usata in modo superficiale, per esprimere tristezza, frustrazione o insoddisfazione momentanea. Ma la depressione non è uno stato d’animo passeggero: è una condizione clinica seria, che può avere un impatto profondo sulla vita di chi ne soffre.
Usare questa parola a cuor leggero può sminuire la gravità della malattia e contribuire a creare confusione tra tristezza comune e depressione vera e propria.
Il disturbo misto ansioso-depressivo è una patologia della salute mentale diffusa, ma il fatto che sia comune non significa che sia meno grave, anzi, ignorarla o banalizzarla può avere conseguenze molto serie.
Alternative più consapevoli:
È molto più utile — e rispettoso — descrivere con precisione ciò che si prova, senza ricorrere a diagnosi che non ci appartengono.
• «Sono deluso/a per il risultato del test»
• «Mi sento frustrato/a, e sto perdendo la motivazione»
• «Sono giù di morale».
La nostra società ha a lungo utilizzato un linguaggio stigmatizzante per parlare di salute mentale — spesso per esagerare, insultare o sminuire chi convive con un disturbo. Proprio perché queste espressioni sono così radicate nel linguaggio comune, può essere difficile riconoscerle come problematiche.
Ma è arrivato il momento di cambiare il modo in cui ne parliamo, usare un linguaggio più attento e rispettoso nella vita di tutti i giorni aiuta a diffondere una maggiore consapevolezza sulla salute mentale e contribuisce a creare un ambiente più accogliente, in cui le persone si sentano libere di chiedere aiuto senza imbarazzo.